giovedì 12 agosto 2021

Hyperstition # I

Una fertile ignoranza e una macerazione nel futuro, occorrono, o in esse ci s'imbatta a vent'anni, venticinque al massimo: questo è ciò che nutre la visione più di ogni acido. Una prodiga inconsapevolezza di essere ignoranti – senza l'appiglio dell'ironia socratica – quella  che permette poi di scoprire, una volta compiuto il fattaccio "so called hyperstition" (di cui all'epoca non sapevo nulla, come di altro) di disseppelirla retroattivamente, tramite decostruzione paranoico-giallista, deducendone il contagio per frammenti di conoscenze successive. E nel 1995, è tutto dire, mi buscai un tardivo morbillo alle serate Logic al Central Park da un mio amico francese; ma soprattutto era di là da venire Negarestani e CCRU muoveva i primi passi senza che in Italia se ne sapesse granché (mentre loro ci leggevano: Negri, Berardi, Varzi ecc…) ma per restare nel nostro orticello, non sapevo un cazzo nemmeno di "Petrolio" di Pasolini, il grande incompiuto romanzo italiano, che anticipava quella che noi oggi chiamiamo theory fiction intrecciando storie di emancipazione sessuale, di brutalità, di doppel gänger e l'omicidio Mattei. Fattacci sotterranei: la Cyclonopedia italiana, altrettanto frammentaria, militante, appassionata; altrettanto intrisa di del fluido nero. Consideriamo Seveso un'anticipazione di Chernobyl? Consideriamo il nero fluido, il demone inorganico del fascismo che inizia le trivellazioni in pianura padana sul finire del secondo conflitto mondiale, le stesse che permetteranno il rilancio dell'industria italiana del dopoguerra…? Facciamo che…

E io che cazzo c'entro, salvo condividere col venerabile i natali? Non lo so: studiavo disegno industriale, ballavo tantissimo la drum'n bass fra il 1995 e il 1999, ne ero impregnato (la drum'n bass è considerata veicolo iperstizionale, ovvero incursione del futuro nel presente) e una notte, ignaro di poromeccanica, di Varzi, Negarestani, di buchi, Deleuze (no, forse già trasmettevano le sue lezioni su Rai Tre) e mereotopologia, di Fisher, Land e CCRU - una notte lucida, invernale, stellata - scrissi PETROL EMANCIPATION. 

La seconda iperstizione è Anthony Hopkins / Benedetto XVI e comunque le operazioni di reface e ibridazione fra personaggi locals (Gigi D'Alessio \ Jimi Hendrix) e personaggi global fatte a mano con photoshop: su questo poi si è aperto un intero filone di memetica. 

Non ci sono meriti, ma il compiangersi per l'abbandono a queste furie che ci sovrastano. Sentirsi disertati dalle favellatrici oscure e, a seguito di quelle fugaci apparizioni, inconsapevoli se il destino che ci fu svelato è narrazione o induzione, poiché nell'oracolare è sempre una spinta diabolica a modificare il proprio destino in base all'informazione ricevuta. La profezia che si autoavvera (che tu autoavveri) ci consuma di quel bene (ritenuto) assoluto della libertà e si preferisce essere agiti nella notte, macerati a nostra insaputa. Ma questo ci tormenta, perché essere ospiti del futuro è un camminata solitaria e cieca. La scoperta successiva della manipolazione reca un nuovo trauma, come un adulto che scopra di essere stato abusato da fanciullo: seppur incolpevole, l'innocenza è segnata da un'ombra nuova e i segni poi, restano lì come gli avanzi di un efferato banchetto futuro, le evidenze di uno scempio non ancora accaduto, come alibi. Il paradosso accoglie le scaramanzie del ludopate, del compulsivo. Il rivelarsi dell'incursione ne promette altre, ed è invisibile come il contagio. Potresti già esserci dentro, non esserne mai uscito: solo l'intontimento, la secchezza delle fauci, lo scompenso cardiaco, le aritmie, fluttuazioni di ansia di organismi che respirano a lungo un'aria che non è la loro, trafitti dalle radiazioni ionizzanti dell' inversione del vettore. I giorni di Chernobyl li passai all'aria aperta in scorribande in motorino, come molti altri. Questa contaminazione è un fatto generazionale, o solo alcuni sono stati iperstizionati in seguito…Per certo a chi tocca, rimane "la testa piena di mille scorpioni".

Prossimamente: "Emancipazione Petrolifera" che dedico a Reza Negarestani, tradotta alla cazzo in inglese.

venerdì 6 agosto 2021

Lo Scotto

“La cosa migliore per rispondere a questa domanda è parafrasare le osservazioni di Nick Land (dal suo The thirst for annihilation: Georges Bataille and virulent nihilsm) sull’aberrazione escapista e l’incertezza strutturale del labirinto rispetto al moderatismo consolidante e conclusivo dell’architettura: “il vuoto esclude il pieno ma il pieno deve includere il vuoto per sopravvivere architettonicamente”.”

Cyclonopedia: Reza Negarestani by Reza Negarestani


Se si è biscotto, se ne può pagar lo scotto. Balzello dovuto a vanità e sbronza,  rivendicazioni non richieste a chi è dimentico o ha di meglio a cui pensare. In questi slanci c'è tutta la libidine della riesumazione, la curiosità per i corpi sterrati. Si saranno decomposti? Troveremo ossa oppure mummie? Saranno croccanti o putride? 

Le riesumazioni, i ripensamenti, la mano tesa a chi ci è ostile, anche di ostilità passiva, a ricordarci la nostra sostanziale insignificanza. Allora questi slanci? Come li vogliamo manipolare (ché tutto è manipolazione - perfino prestidigitazione)? Dovremo privarcene? Ci possono essere anche delle belle sorprese: potrei avere un bonus inaspettato di insipiente orrore, come in un certo incubo che vi racconterò più avanti, ma vedremo che si tratta perlopiù di catene più o meno complesse di riflessi condizionati.

Stamani addì 6 Agosto 2021 fra le ore 7:30 e le ore 9:00, la macchina del sogno, dopo una serie di visioni contorte che mi hanno infestato negli ultimi giorni, talmente ineffabili e aliene da essere impronunciabili, mi ha regalato una sua interpretazione sconfortante ma intima, dell'aldilà (premesso che ci accolga un sonno-nulla-zero immenso o il minestrone onnisciente ma "disindividuale" del Brahman).  Forse esisteranno i sogni così come ci abitano e ci appartengono adesso, seppur parzialmente, proveniendo da…altrove? Dall'esterno… (rispetto all'ectoderma con cui certi organismi si separano dal resto).

Così i sogni si legano al nostro vissuto, approdano come navi fantasma al molo di Whitby e i topi neri si riversano fuori dalla stiva per instillare un contagio nuovo dove vita e morte si eclissano in una forma ibrida. La poromeccanica prevede gatti zombie nei cassetti, che fanno le fusa all'elemento nocivo e radiante, il "demone inorganico" dell'era atomica. Così il mio post-mortem (ma non so nemmeno se era un post-mortem, era sicuramente un'omega) si svolge nella casetta di vacanza di Castiglioncello dove per trent'anni mi sono recato con la mia famiglia, un appartamentino in affitto al primo piano di una villetta in un quartiere soporoso per vacanzieri e loro locatori, giardini d'oleandri e albicocchi, una strada punteggiata di pini marittimi, vicino alla ferrovia. 

La scena si svolge nel piccolo salotto con divano letto che si apre sul poggiolo con la ringhiera di ferro verde, dove ho letto i primi Urania, i Topolino e, per la prima volta mio cugino mi disse che esisteva Cioran. Ma nel sogno questo terrazzino mi è interdetto, le imposte ben chiuse, perché fuori promette tempesta, libecciata forte con trombe d'aria e nubifragi: per lo meno è questa la scusa. In realtà sono stato recluso in questa stanza per motivi che ignoro. Commento favorevolmente, parlando ad alta voce con nessuno, il fatto che siano state installate a muro molte prese USB. Parlo col fantasma della mia ex-moglie: nel sogno ricordo un evento che non si è mai verificato, una vacanza con una sua amica; per esser precisi la mia ex-moglie nel sogno mi spingeva a fare questa vacanza ed io, mi rifiutavo, perché sarei "caduto in tentazione". Stucchevole anche l'inconscio, così riguardoso per la mia reputazione, non bastassero le mie vigili miserie. 

Le prese USB iniziano a emettere un ronzio elettrico; provo a cambiarne diverse per collegare il mio iPad divenutomi oramai protesi; ma il ronzio aumenta, aumenta esponenzialmente e parallelamente alla consapevolezza di essere solo. Si badi bene, non per scelta o per gusto, ma per immutabile condizione esistenziale. Fine pena mai è così la fine: il mondo esterno è inabitato, sospeso fra nubifragi che stentano a esplodere. Una delle USB attiva un aspirapolvere, frastuono di spazzole rotanti: la solitudine è grave ma rumorosa, come esser sempre ghermiti dalle mille zampette della paranoia; non c'è tempo per l'ansia - una ansia –  corrotta dall'incalzare di nuove ansie sempre più rapide, vaghe, intramuscolari, biventricolari. Non c'è un solo contagio, ma un imperversare di varianti, di mutazioni che si sopraffanno l'una sull'altra, che si espugnano a vicenda, in una crescita infeconda ma tropicale, asfissiante di marciume. 

Il ronzio è doloroso adesso, invoco la poromeccanica, il buco che è pure tana, la trama rada di un tessuto non tessuto verde sbrindellato che sventola sul confine del giardino, come possibilità di riconciliazione con i fantasmi. Impossibile: perché non esistono che ricordi ibridati e fusi insieme in colate indecifrabili dove cane-ex-moglie-gatto sono un'entità indistinta, dove sollevo da dietro il cane mentre mangia per un abbraccio, ma non è il cane (che mi avrebbe morso o ringhiato) ma il gatto. Un oceano di morti, e fra tutti mio padre, la cui presenza aleggia in quel ronzio che ora scompare per accompagnarmi al risveglio.

Mio padre a cui avevo mangiato tutta la pastasciutta - in un altro sogno, struggente – e mortificato, volevo cucinargliene un'altra; ma lui mi sorrideva e mi diceva che non importava. Una parte piccola (d'età) e profonda (sepolta) della mia estensione cosciente, brama riconciliazioni, resurrezioni, atti di amore che si scoprono raccolte-punti presentate oltre il termine consentito. Non si hanno diritti, se non forse – e questo persino ai prigionieri che non vengano sottoposti alla pena capitale – al proprio corpo e alle esigue pertinenze della cella che lo ospita; ai tormenti che solente interpretiamo in maniera profonda, ma altro non sono che divagazioni psichiche sempre riconducibili ai patimenti del corpo e della reclusione; ai suoni che dall'esterno interferiscono nel sonno, il brusio della macchina che lava le strade, il suo soffiare e aspirare di demone inorganico e insulso con le spazzole rotanti.