Che l’amore sia un’espressione di egoismo lo si evince dall’ampia letteratura e aneddotica sul tema. Non si sta insieme che per rispondere a una funzione che l’altra persona ci attribuisce più o meno patentemente, e viceversa. Le si chiamino, con un’indulgenza in odore d’ipocrisia, aspettative, ma di fatto è l’infaticabile esercizio di manipolazione e sfruttamento altrui che dal tramonto delle società della partnership delinea i nostri comportamenti, anche quelli che vorremmo romantici, disinteressati, appassionati. Dove il laboratorio di chimiche pro tempore convergenti fa boom, è invece proprio lì, nell’intimità, coadiuvati dalle voci sussurrate nell’alcova si articolano raggiri, si programmano ricatti, si perviene in casi limite non infrequenti a violenze fisiche e psichiche: vi ricordate quelle piccole scacchiere magnetiche da viaggio? L’amore è questo: è in piccolo una guerra, una strategia commerciale, un progetto impattante, che sfruttando la fragilità di chi vi si espone, disattiva o comunque obnubila il libero arbitrio, la capacità di dire NO. Per tali motivi, moltissimi in questi tempi durante i quali l’amore sarebbe pure a buon mercato, preferiscono il cane o altro animale d’affezione, che sicuramente ci priverà del pepe del senso critico, del confronto, delle gioie dell’amplesso, ma ci donerà un amore assoluto, scevro di giudizi, una costante insomma che nella precarietà franante del presente, seppur in chiave minore, aneliamo come aria. Anche questa fame di un amore assoluto, a ben vedere, una forma di egoismo… possiamo latrare alla luna, qualcosa in cui l’alcol ci rende formidabilmente dotati.