Eh no. Stanotte non si dorme. Nonostante una buona dose di ansiolitici. Una giornata serena voltata in merda nell'arco di poche ore, per via di quel carattere infestante, nell'umanità il più diffuso, che è l'arroganza. Come si diventa arroganti? Basta pochissimo: un piccolo successo professionale, una persino modesta agiatezza, l'adesione a un modello sociale tipo "coltello fra i denti", un'ostinata e ottusa fede in sé stessi. Il confronto con l'arrogante per chi, come nel mio caso, è da sempre corroso dal dubbio (dal dubbio sulle proprie competenze, capacità, da una colpevole debolezza, da una certa viltà anche e al contempo fastidio per l'unanime sicumera d'individui che condividono, nella maggior parte dei casi, la mia stessa miseria umana) è un confronto dove sono inevitabilmente destinato a soccombere, perché ne uscirò consumato, stremato dall'ira, dalla paturnia, dalla paranoia. E mi ritrovo in un roveto ardente di ruminazioni mentali, dove mi chiedo se ho ecceduto nel difendermi o nel subire l'arroganza altrui.
Interessano dettagli? Non penso. A chi può interessare in questo verminaio di un tizio che a cinquant'anni, fallito pressoché in tutto e sfinito da una malattia cronica, torna a vivere con la madre semi-inferma, afflitta a sua volta dalle proprie paturnie, dalle proprie insanabili e strutturatissime fisse, come lo sono le sue incurabili ulcerazioni cutanee. La pelle e l'anima che si specchiano, il corpo e l'anima che si specchiano: ci siamo arrivati infine allo scioglimento di questo dualismo cattolico, che teologia e filosofia di parte da secoli ci propinano. Corpo e anima sono un unicum, un sistema labirintico, tarli che si divorano le reciproche sostanze, dove la mente ha un predominio indiscusso nel rinforzare questa macerazione infinita. L'antidoto della spensieratezza, che sanifica il cuore, non a caso perseguito con accanimento dalla farmacologia, dall'alchimia, dalla preghiera, dalla scienza, con ogni mezzo, dalla meditazione agli psicofarmaci. L'abbandono di sé, certo…il distacco. Il distacco è l'argomentone dell'arrogante: come lo stilita, dall'alto della sua posizione, egli si concede, anzi si arroga, il diritto e dovere di praticarlo, con sprezzo (mai con sprezzatura che, come insegnava la Campo, è rivolta verso sé stessi, esercizio di basso profilo, il pudore nello sminuirsi di chi è grande) - il distacco dell'arrogante non conosce empatia. Non è l'abbandono compassionevole delle discipline orientali.
Il distacco dell'arrogante è il vestito buono del menefreghismo e, sospetto, di una forma sadica, magari involontaria, di mortificare il proprio interlocutore, di scambiare la gentilezza per debolezza, di scambiare la schiettezza per un oltraggio alla propria infallibilità.
A volte penso che per me e mia madre, data la totale inutilità sociale maturata in questi ultimi anni, lo sfinimento delle malattie, l'evidente fastidio di cui siamo cagione per parenti e amici (pochi) per non parlare di quel relitto razziato e alla deriva che è il sistema assistenziale socio-sanitario, popolato nel novanta per cento dei casi da individui in burn-out, altrettanto sfiniti e resi insensibili a ogni richiesta di aiuto, a volte penso che sollievo sarebbe per tutti la nostra scomparsa. Persino per noi stessi, finalmente liberi dal dover chiedere, dal dover bussare dove non vi sarà aperto; oggi mi si rivela nell'arroganza di uno dei tanti arroganti che popolano il pianeta, che persino pagando e salato un servizio, si dà noia. Perché l'arrogante non comprenderà che il rilievo critico non è mosso contro il suo operato o la sua persona, ma è un'osservazione oggettiva sull'inefficacia di un metodo. L'arrogante non riconosce il dolore altrui come non riconosce il proprio limite. In questo mondo di infallibili, di padreterni e madreterne, mi chiedo come possano sopravvivere anziani o persone poco istruite, o limitate da qualche deficit cognitivo. Credo che, senza sporcarsi le mani, avvalendosi di una burocrazia ipertrofica, dei paraventi di regolamenti e procedure, molti siano lasciati morire. Gente del resto che (come diceva un'amica della mia ex-moglie) sta al mondo per consumare ossigeno. E perciò oggi mi sono ritrovato a invidiare i cani, che perlomeno dal veterinario, sia i privilegiati che gli sciagurati anche fra costoro, possono godere di un'eutanasia rapida, indolore, senza ipocrisie, senza il coinvolgimento di una "coscienza" o di un' "etica" che sono sinonimo di un bel culo da parare, per apparire (soltanto apparire) integerrimi.
Esagero? Esagero sempre, ma evidentemente non troppo, visto che sono ancora qua: non ho aperto il gas, non mi sono legato la cinghia al collo o ingurgitato il fatale mix di farmaci; mi salvano ancora il dubbio, la viltà (o fierezza antieroica? o paura di morire? nonostante il disgusto e l'inutilità della mia esistenza) la distanza incolmabile dalla retorica e, infine, la rabbia che mi tiene desto a quest'ora, nonostante, dicevo una buona dose di rivotril.
Per chi come me, si trovasse in questa condizione penosa, posso suggerire un paio di rimedi a buon mercato, per evitare di spendere altro denaro fra ciarlatani, counselor e strizzacervelli: camminare (come insegnava Thoreau) camminare tanto, almeno cinque, sei, anche dieci chilometri al giorno; il corpo che come è ormai noto agli sgamati, è tutt'uno con questa stracazzo di anima che ne è tutt'al più un "impregnante", spurgando tossine e sudando, spurga la frustrazione del confronto impari con l'arroganza, l'eccesso di rabbia; ahimé, se si supera una certa soglia di giramento di cazzo, il cortisolo non completamente viene riportato a livelli di guardia, anzi forse lo sforzo di camminare aumenterà lo stress e così a cascata le palpitazioni, il gonfiore, il turgore di tutto fuorché il cazzo. Per chi è in ottima salute e giovane, la sbronza. A me fa ingrassare e ingrossare il cuore già dilatato e spompato quindi è proprio una extrema ratio che ormai ho pressoché abbandonato: poi ti ritrovi a fare autolesionismo o litigare per futili motivi; tutta roba che richiede fisico e …arroganza (o per meglio dire, sfacciataggine, roba sana, da ribelle e giovinastro). In questo stato di apprensione non si legge, si diventa impermeabili a un buon film, o se si legge si compulsano avidamente incomprensibili supercazzole mediche, elenchi di professionisti, su gli ormai inutili motori di ricerca diventati centri commerciali: allora meglio scrivere, scrivere "rant" come li chiamano gli intellettuali hipster (ve ne sono di altro tipo? forse qualche sparuto esemplare di disadattato, farneticante ancora salva la categoria?). Quindi tenere un blog come questo o un diario, per chi ancora sa scrivere da amanuense (non riesco più a tenere una penna in mano da anni, e quando scrivo mi produco in geroglifici oscuri persino a me stesso). Sono fori nella pienezza del corpo di sasso che ne impediscono l'eruzione esplosiva. Per una vulcanologia dell'essere umano, il magma di una glossolalia contagiosa, capillare. Sono sfiati, così come si rutta, si scoreggia, si frigna, si tossisce, si espettora, si cola muco, sborra, merda, piscio. Pus, poison, blood, shit. Non si può tenere tutto dentro, si è soliti dire, ma non perché "dentro" non c'è posto. Esiste poi un dentro? O è solo il fuori - la grande testa, i grandi occhi – che introiettiamo provvisoriamente dalle cavità sensoriali di questa vescica di pompe e vasi, al quale conferiamo consistenze e forme e suoni utili al nostro coscienzioso smarrimento? Improvvisamente tutto è oscurato dalle ruminazioni, dalle paranoie incallite, che in questo processo, come il calcare nella lavatrice, ci incrosta, formando concrezioni, isole, chiazze di sale del mar Morto, che riemergono talora come enigmi, come scopi di vita irrisolti, a cui una molla di autentico masochismo spinge a dare soluzione per affrancarci dalla ruota del dolore. Per credersi risolti: molti rimbombati ne sono straconvinti, di essere risolti. Se si crede nella reincarnazione è piuttosto plausibile: come un videogame a vite infinite, muori e rinasci finché non risolvi lo schema precedente. Io non ci credo. Anzi mi fa orrore, perché in quale forma e in quale epoca riapparire? E infine mi pare che lo sforzo per risolvere l'enigma non faccia che renderlo ancor più nebuloso; il "pensiero laterale" si disattiva e con esso la buona intuizione; l'abbandono allora…l'abbandono, che ho praticato fino a sbracare, fino all'obesità, fino al delirio persecutorio. Quello mi ha fatto apprezzare la volontà che, se ci pensate bene, è l'unico vero libero arbitrio. Nulla a che fare con l'arroganza, col pensiero magico di stocazzo. Sono conquiste di formica, vietcong che scavano a mani nude tunnel sotto il culo blindato degli invasori che si spacciavano per liberatori. Roba davvero underground.
Not for arrogant, just for insane.
… e anche la celebrazione della follia come valore…mah, che palle…devi prima smantellargli tutto il marketing e poi lasciar decantare solo il disagio (avevo scritto dolore, ma mi è apparso il tizio crocefisso e lo zaino di sensi di colpa che ti regalano quando ti associ al club)