Noi tutti moriremo senza aver mai scritto nulla di lontanamente paragonabile a Meridiano di Sangue, o Sopra Eroi e Tombe, o la Possibilità di un’Isola. Ci ha provato Meschiari a metterci in guardia ma lo ha fatto con una inspiegabile spocchia, dettata dall’urgenza di chi negli androni di un pronto soccorso annuncia un imminente decesso. Intorno al profeta delirante nel deserto editoriale italiano, un voltare di spalle, un silenzio imbarazzato come quando l’amico ebbro sbrocca. Ed è stato tutto sbagliato perché sapevamo la verità pur vedendola da angolazioni diverse e valutandola da rendite di posizione sfalsate.
La verità è che non siamo in grado antropologicamente di produrre un’epica: annaspiamo nella ricombinazione, ci trastulliamo in una lingua che di per sé si presta al trastullo e agli svolazzi; queste finezze non contengono cattiveria, gli occhi di chi le produce non conoscono la spietata macina del mondo; le menti disinfettate dal male di vivere di Wallace ricorrono alla psichedelia per compensare un vuoto che la psichedelia non può compensare perché necessita di una pienezza che lo includa (per sopravvivere architettonicamente) e materiali eterogenei frutto di esperienze, traumi, memorie.
Si è parlato di un diffuso degrado cognitivo della specie umana. La Zivilisation deriva nel grottesco di Idiocracy senza troppi complimenti, e ciò che pareva parodia solo pochi anni fa, adesso è scenario credibile, auspicabile per alcuni. Le piaghe del fascismo e d’altro canto quelle di un perbenismo che assottiglia il vocabolario e limita le espressioni privando di ogni sfumatura il triviale e relegando le sue voci al becerume mediatico, ci privano della possibilità di essere altri da noi, anche peggiori di noi, di calarsi nell’orrore, di rovistare nella materia purulenta e fecale da cui sgorga il verso primigenio.
Pur di non essere fraintesi ci autocensuriamo, ci ergiamo ad anime belle per partito preso: ma siamo autenticamente emancipati? Disposti ad abbracciare il diverso, lo sconcertante con questo toolkit sfornito? Siamo disposti ad accogliere tutto il male del mondo? Ad abbracciarlo con uno sguardo privo di autocompiacimento ma vasto a sufficienza da delinearne l’orizzonte degli eventi.
Dunque, con molta umiltà, da lettore appassionato di opere grandi e controverse, io credo di no; stiamo rinunciando per “la la pace di casa”. L’insegnamento che ci giunge dai grandi ci scivola addosso e una tremenda idiozia ci sta consumando, perché di ogni parola troveremo la sconvenienza e infine resteremo muti primati attorno alla pozza d’acqua lercia osservando le ossa e le pietre senza scorgervi l'utensile per non scorgervi l'arma.
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